«Amore, hai sentito?».
Fulvio dormiva profondamente.
«La porta. L’hai sentita?».
Fulvio mugolò qualcosa nel sonno ma non rispose.
«Vado a vedere.»
Matilde tornò di corsa in preda al panico, accese la luce e lo scosse fino a svegliarlo.
«Che vuoi? Che c’è?», si lamentò Fulvio con gli occhi ancora chiusi.
«Luca non c’è più, se n’è andato – farfugliò Matilde. – In camera sua non c’è e ho sentito chiudere la porta poco fa».
Fulvio si mise seduto e si stropicciò gli occhi. «Sarà uscito a prendere una boccata d’aria, su, non ti agitare».
Matilde non si arrese. «Ti dico che se n’è andato. Il suo zaino non c’è e sul pavimento ho trovato il GPS». Mostrò al marito un oggetto metallico, simile a una moneta, intriso di sangue.
Fulvio diede una rapida occhiata. «È evidente che non vuole essere disturbato – sentenziò. – Avrà bisogno di un periodo di riflessione». Si rimise disteso e si girò.
«Periodo di riflessione? – sbraitò Matilde. – Si è strappato questo aggeggio dal braccio. Era disperato, te lo dico io». Iniziò a camminare avanti e indietro tenendo il GPS stretto nel palmo della mano.
«Almeno possiamo spegnere la luce?», chiese Fulvio.
«Tu sai qualcosa – lo accusò la moglie. – Ieri sera vi ho visto di là; l’avevi collegato al computer. Che stavi facendo? Cosa mi nascondi?», lo incalzò.
«Che vuoi che ti nasconda! Lo stavo aggiornando – ribatté lui girandosi. Si allungò sul letto, le prese una mano e le chiese: «Vuoi o no un figlio senza problemi?».
Lei annuì silenziosa.
«Possiamo dormire un paio d’ore prima che suoni la sveglia?», aggiunse Fulvio.
Matilde tentò di ribattere, ma il marito fece una smorfia. «Se domattina non è tornato ti prometto che lo andremo a cercare».
Matilde si distese e posò il GPS sul comodino. Spense la luce e dopo poco si assopì. Fulvio non chiuse occhio.
***
Erano quasi le otto e Fulvio doveva andare in ufficio. A colazione Matilde non aveva mangiato niente. Teneva in mano una di quelle buffe ciambelle che piacevano tanto a Luca, ma si limitava ad osservarla. A un certo punto ruppe il silenzio: «Non tornerà. Te lo dico io».
Fulvio si alzò e andò dietro di lei. Le posò le mani sulle spalle.
«Mentre vado al lavoro darò un’occhiata qui intorno – la rassicurò. – Magari non è andato lontano».
Matilde non sembrava affatto convinta.
«Abbiamo il suo codice di fabbrica. Non si può fare niente?».
«E che vorresti fare?».
«Che so, rintracciarlo in qualche modo».
«Con quel codice lo potrebbero rintracciare solo alla Life Corporation. Ma senza una denuncia di smarrimento non farebbero niente».
«Denunciamo lo smarrimento allora».
«Stai correndo troppo Matilde. Ricordi l’ultima volta?».
«Ma l’ultima volta aveva il GPS».
«È vero, ma si era nascosto nel bunker dei vicini e non si trovava comunque».
«Non lo so. Ho una brutta sensazione».
«Ti capisco. Ma davvero, cerca di mantenere la calma». Infilò la giacca e prese le chiavi dell’auto. «Ora devo andare sennò faccio tardi».
Matilde lo osservò dalla finestra mentre saliva in auto e si allontanava sul viale. Teneva ancora la ciambella in mano. Staccò un morso e masticò nervosamente.
***
Alle diciotto in punto Fulvio rientrò a casa e trovò la moglie seduta dove l’aveva lasciata.
Stava piangendo.
Appoggiò la giacca sul divano e la raggiunse.
«Dobbiamo risolvere questa situazione – disse lei, – tra non molto i vicini cominceranno a chiedere che fine abbia fatto Luca».
«Hai incontrato qualcuno?».
Matilde si soffiò il naso. «Oggi non sono uscita, ma dopo pranzo mi ha scritto Camilla chiedendomi perché Luca non fosse a scuola».
«Mai una volta che si facesse i fattacci suoi, quella stronza – sbottò Fulvio. – Tu che lei hai risposto?».
«Le ho detto che ci eravamo dimenticati di fare l’aggiornamento ieri sera e che lo abbiamo fatto stamattina».
«Brava», esclamò Fulvio mettendole una mano sulla spalla.
«Ma non potremo andare avanti per molto – riprese Matilde. – Tra poco lo sapranno tutti, saremo lo zimbello del quartiere». Portò la mano alla bocca e ricominciò a piangere singhiozzando.
Fulvio le passò un fazzoletto e iniziò a camminare avanti e indietro. Guardò l’orologio sulla parete e sentenziò: «Hai ragione, dobbiamo risolverla subito».
Si infilò la giacca e aggiunse: «Vestiti, passiamo a fare la denuncia e andiamo alla Life».
***
Alle diciannove e dieci parcheggiarono e si affrettarono verso l’entrata. Erano stati lì cinque anni prima, il giorno dell’acquisto di Luca. Allora l’edificio aveva due piani in meno e un’insegna molto più piccola. Li accolse un immenso atrio lastricato in marmo, a quell’ora completamente deserto. Venne loro incontro una bella ragazza in divisa viola e scintillante cravatta gialla.
«Buonasera signori, sono Tilly. Come posso aiutarvi?».
«Abbiamo perso nostro figlio», esclamò Matilde.
«Immagino abbiate già provato con il GPS».
Fulvio prese il dispositivo dalla tasca e lo mostrò alla ragazza.
«Capisco. Avete con voi la denuncia di smarrimento?».
«Sì, fatta poco fa», rispose Fulvio.
«Molto bene – disse la ragazza sorridendo, – seguitemi».
Salirono al primo piano e raggiunsero una porta la cui targhetta dorata recitava Customer care. Tilly li fece entrare e accomodare. Dopo poco li raggiunse un signore di mezza età in giacca viola e camicia gialla scintillante.
«Buonasera signori, sono Paul, responsabile commerciale, come posso aiutarvi?».
Matilde, reprimendo un attacco di pianto, balbettò: «Abbiamo smarrito nostro figlio. Da ieri notte. Si è strappato il GPS».
Fulvio posò il dispositivo sulla scrivania insieme alla denuncia di smarrimento.
«Capisco. Avete con voi il codice di fabbrica?».
«Sì, eccolo». Fulvio estrasse dal taschino della giacca una placca metallica con inciso il codice EZ-716.
Paul inserì il codice sul tablet e commentò: «Luca Pellegrini, quindici anni. Corretto?».
I coniugi confermarono.
«Passo la richiesta al Reasearch department. Potete cortesemente attendere qui? Non ci vorrà molto».
***
Lo schermo sulla parete dell’open space si illuminò di rosso e un messaggio iniziò a lampeggiare: missing EZ-716.
«Ehi Bill, volevi uscire prima stasera?».
Il ragazzo con la barba davanti al computer sollevò lo sguardo.
«Che palle! Proprio ora».
«Luca Pellegrini. Quindici anni. Sistema operativo 7.0. Vediamo dov’è finito».
«Bravo Dave, vedi se riesci a riportarlo a casa senza stare qui due ore».
Il ragazzo con gli occhiali digitò forsennatamente sul suo portatile.
«Mmmh, qui c’è qualcosa che non torna».
Si alzò e con il portatile in mano si avvicinò a Bill.
«Il GPS è spento da stamattina alle quattro. Ma guarda i rilevamenti RFID».
«Non è mai uscito dal cancello del giardino», disse Bill strabuzzando gli occhi.
«Guarda l’accelerometro. Alle quattro e dieci c’è un picco altissimo», indicò Dave.
«Un colpo alla testa», sottolineò Bill.
«Scarica le ultime registrazioni, vediamo chi è il bastardo che l’ha messo fuori uso».
La porta si aprì ed entrò Paul. Posò sul tavolo il GPS e la denuncia di smarrimento.
«Allora, trovato?», chiese.
«Verifica quasi ultimata: pare sia stato aggredito e fatto sparire», rispose Bill.
«Aggredito? E da chi?».
Dave emise un gemito di stizza e batté il pugno sul tavolo.
«Lo sapevo. Sono mesi che vi dico che c’è un bug sul sistema visivo. E voilà, proprio quando ci serve».
Bill e Paul raggiunsero Dave.
«Ecco le immagini: non si vede niente», indicò Dave.
«Quindi? L’abbiamo perso?», chiese Paul.
«Direi di sì», confermò Bill.
«E ora che gli racconto? Siamo spiacenti, ma siccome il nostro sistema operativo è pieno di bug, non abbiamo la più pallida idea di dove sia vostro figlio. Tutto ci fa pensare che l’abbiano fatto fuori. Ci denunciano dritti dritti», si agitò Paul.
«Sei tu il commerciale, inventati qualcosa. Prendi tempo», rispose Bill.
«Ma perché non giocarci le ciambelle a cono? – suggerì Dave. – Nella versione 7.0 non abbiamo mai risolto il bug delle ciambelle a cono».
«Perché no? – lo appoggiò Bill – Quel bug maledetto ci ha fatto impazzire il mese scorso».
***
«Pensi che lo troveranno?», chiese Matilde preoccupata.
«Lo spero – esclamò Fulvio. – Con quello che paghiamo di assicurazione!»
«È più di mezz’ora che aspettiamo, dev’essere successo qualcosa».
La porta dell’ufficio si aprì e rientrò Paul, senza giacca e con lo sguardo pensieroso.
«Rieccomi, scusate l’attesa».
Raggiunse l’altro lato della scrivania e si accomodò.
«Allora? L’avete trovato?», balbettò Matilde.
«Sì, l’abbiamo trovato», rispose Paul con tono affabile. Poi smorzò il sorriso e aggiunse: «Ma devo essere onesto: c’è un problema».
Fulvio si irrigidì. Deglutì e chiese: «Che tipo di problema?».
«Negli ultimi mesi avete notato qualche comportamento anomalo in vostro figlio?».
«Non direi – si affrettò a rispondere Fulvio. – O meglio, niente che non si sia risolto con gli ultimi aggiornamenti».
«E lei signora?».
«No, niente di strano. Anzi, negli ultimi mesi il rapporto con mio figlio è migliorato».
«Mi spiego meglio: intendo comportamenti o atteggiamenti fuori dal comune – insisté Paul, – nei gusti alimentari, per esempio».
Matilde corrugò la fronte nello sforzo di ricordare. Quindi ebbe l’illuminazione.
«Adesso che mi ci fa pensare, una cosa strana c’è: la fissa per le ciambelle».
«Su cara, non essere sciocca – la rimproverò Fulvio. – Che interesse vuoi che abbiano quelle stupide ciambelle!».
«No, no, continui signora».
«Esattamente tre mesi fa. Stavamo facendo colazione, come tutte le mattine, e la tv era accesa. A un certo punto c’è stata la pubblicità delle ciambelle a cono Helker. Ha presente quella con la foca che tiene la ciambella in equilibrio sul naso?».
«Sì, sì, ho presente».
«Insomma, Luca si è messo a ripetere ossessivamente la parola ciambelle. Non smetteva, sembrava impazzito».
Fulvio la supportò. «A quel punto sono corso a comprare una confezione di ciambelle. Si è calmato solo dopo averne mangiate ben dieci!».
«Da quel giorno ogni mattina a colazione la stessa storia», concluse Matilde.
Nell’ufficio calò il silenzio. Il responsabile si aggiustò sulla sedia.
«Proprio quello che temevo», disse.
Li guardò negli occhi per qualche secondo. Infine sentenziò: «Vostro figlio è stato infettato dal terribile“virus delle ciambelle”».
Fulvio e Matilde si guardarono perplessi.
«Ne avrete sentito parlare, credo», si affrettò a precisare Paul.
«Veramente no», disse Fulvio incerto.
«È un virus altamente infettivo. Gira in rete e attacca soprattutto gli adolescenti. Il primo sintomo è l’ossessione per le ciambelle a cono della Helker».
«E perché proprio le ciambelle della Helker?», osservò Fulvio.
«Non è certo ma pare sia stato sviluppato direttamente dall’azienda per incrementare le vendite».
«Effettivamente, ora che mi ci fa pensare, ho notato che lo scaffale è spesso vuoto – disse Matilde. – Pensavo fosse una moda del momento».
Fulvio si aggiustò sulla sedia. «Quindi il problema sono solo le ciambelle? Ce ne faremo una ragione», disse.
«Purtroppo no. Le ciambelle sono l’innesco ma gli alti livelli di zuccheri in circolo creano dei danni permanenti ai circuiti. Possono causare amnesie, problemi alla vista e all’udito».
«E non si può aggiustare?», chiese Matilde angosciata.
«Possiamo rimuovere il virus ma i danni permanenti rimangono».
«Quindi ci sta dicendo che dovremo tenerci il figlio difettoso per il resto della vita?».
«Purtroppo sì, mi dispiace».
Matilde scoppiò a piangere tra le braccia del marito.
«Voglio sperare che ci sarà un indennizzo da parte dell’assicurazione», disse Fulvio.
«Non si preoccupi signor Pellegrini», lo tranquillizzò il responsabile.
Lasciò che i coniugi si consolassero a vicenda. Quindi aggiunse: «Avrei una proposta. Una proposta personale che dovrà rimanere tra me e voi».
Aprì un cassetto, estrasse un catalogo e lo mise sul tavolo.
«Ecco qua. La nuovissima versione 8.0, disponibile in più lingue, inclusi dialetti locali. GPS integrato dalla nascita, non estraibile. Per la prima volta abbiamo introdotto la variante senza peli, così fastidiosi».
«In questo momento non siamo interessati all’acquisto di un nuovo figlio», protestò Fulvio.
«Non si tratta di un acquisto, si tratta di una permuta».
Fulvio e Matilde si guardarono.
«Ci occuperemo noi di tutto. Solo un dettaglio, se mi posso permettere: questa volta vi consiglierei il modello neonato. Avrete più tempo per conoscervi, così non ci saranno sorprese arrivati all’adolescenza. Inoltre domani ne arriverà uno allevato in famiglia: sono molto più flessibili di quelli allevati in laboratorio. Il tempo di montare gli innesti, installare il nuovo sistema operativo ed è vostro».
«Quanto tempo abbiamo per pensarci?», chiese Fulvio.
«È un’offerta che vi faccio in forma strettamente riservata, quindi dovreste decidere subito».
«Certo, certo, capisco. E la garanzia ripartirebbe da capo? Altri dieci anni?».
«Tutto nuovo. Un nuovo inizio».
«Che ne dici, cara?».
«E ci garantite che non ci sarà più il problema delle ciambelle?», chiese Matilde.
«Guardi signora, il nuovo sistema è a prova di zuccheri. Vedrà che nei prossimi mesi questa psicosi per le ciambelle a cono vedrà una rapida decadenza».
Matilde tirò un sospiro di sollievo.
«Dove dobbiamo firmare?».
Il responsabile estrasse i moduli dal cassetto e li fece firmare a entrambi.
«Mi raccomando soltanto di mantenere il silenzio su questo increscioso incidente, altrimenti domani ci troveremo migliaia di richieste di sostituzione».
«Certo, certo… diremo che c’è stato un guasto irreparabile». disse Fulvio.
«Solo per voi, mi permetto di aggiungere gratuitamente la consegna con cicogna. È un servizio molto apprezzato, soprattutto nei modelli più piccoli. Potrete fare le foto all’arrivo, vedrete che bel ricordo!».
***
Quando tornarono all’auto era già buio e nel cielo sereno splendevano le prime stelle. Si fermarono a guardare la più brillante all’orizzonte. Fulvio prese per mano Matilde, la guardò negli occhi e le diede un lungo bacio. Poi le sussurrò: «Un nuovo inizio».
***
«Pronto Bill, ci sei ancora?»
«Sempre qui Paul».
«I Pellegrini hanno accettato il cambio. Domani mattina prepara un 8.0 da installare su un modello neonato».
«D’accordo Paul. Ora posso andare?».
«Sì. E mi raccomando: sistemate quel bug delle ciambelle. Sta diventando difficile da giustificare».
«D’accordo Paul. Con EZ-716 che facciamo?».
«Rimuovilo dagli archivi, come se non fosse mai esistito».
«Sarà fatto Paul. Buona serata».