Il lavoro in farmacia, dopo dieci anni dietro al bancone, era diventato molto, troppo stancante per Cristina. Ascoltare il vecchio piagnucoloso che non capiva la prescrizione, interpretare la mamma straniera che raccontava i sintomi del bambino con la tosse, arginare le richieste del tale che pretendeva un certo farmaco senza ricetta: affrontare tutto con un asettico sorriso professionale da pubblicità del dentifricio sbiancante, che a fine giornata era difficile rilassare in un’espressione normale. Una volta parcheggiata l’auto vicino a casa alle diciannove e quarantacinque in punto, sperava semplicemente che suo marito non la stesse aspettando, che fosse fuori, al lavoro, con gli amici, con l’amante, non importava: voleva solo silenzio, tapparsi le orecchie e svuotare la testa. Restava lì chiusa nell’abitacolo per un quarto d’ora, scorrendo i social con ordine metodico: prima Facebook, poi Instagram, ripercorrendo tutti i post caricati durante la sua assenza dal mondo virtuale, giusto per accertarsi di non essersi persa nulla di quel luogo dove i giorni e le notti si sovrappongono saltando da un posto all’altro del pianeta, andata e ritorno. La community che amava di più era quella nata intorno a una vecchia gloria della musica pop, Leni, che si era dedicata da qualche tempo all’ambientalismo e postava con una certa assiduità foto scattate un po’ ovunque, a bordo di rompighiaccio, in spiaggia a raccogliere plastica, abbracciata a qualche bestiola con gli occhi grandi e liquidi. Impegno genuino di una donna ormai sulla sessantina, ancora bella e ricca, che amava particolarmente essere lodata e blandita dalla sua accolita di fan, dopo anni di oblio inframmezzato al massimo da piccoli scandali che la riportavano in auge giusto il tempo di un caffè. I commenti sotto alle sue immagini creavano una sfilza di complimenti ordinatamente incolonnati, ripetitivi e zuccherosi, che nascondevano un disperato bisogno di essere visti: la risposta della star, ormai stella piuttosto sbiadita, creava una palpitazione adolescenziale che si alimentava di repost e ringraziamenti sperticati, con quella sottile e spericolata sensazione, anzi, certezza di essere finalmente importanti. Molti postavano a loro volta foto che richiamavano le tematiche care alla loro beniamina, che veniva ringraziata per l’ispirazione infusa in virtù del suo fulgido esempio. Era lì che poteva avvenire il miracolo, che lei si accorgesse di loro, che iniziasse a interagire, addirittura a seguirli su Instagram. E allora di nuovo repost e ringraziamenti sperticati e un fioccare di “te lo meriti”, “il tuo impegno è stato premiato” da parte degli altri membri di questa community così inclusiva, che nella realtà masticava amaro davanti allo schermo del telefonino.
Anche Cristina commentava ogni volta le foto che invitavano all’azione, a non perdere tempo, a fare qualcosa per l’ambiente, per gli animali, per i ghiacciai, per gli oceani. Ringraziava, era sempre grata Cristina ma non sapeva nemmeno lei esattamente per cosa: per il risveglio della sua coscienza assopita? Per l’esempio di questa donna così energica e appassionata? In fondo la considerava anche un po’ patetica, lì in mezzo alle foche con una costosa ed enorme giacca a vento rossa con il marchio bene in vista. Con costanza postava ogni giorno uno scatto che si ispirasse al tema del giorno, alla polemica emersa in qualche parte del mondo e poi ricomposta nella realtà filtrata dello schermo insieme ai suoi miseri trecentosettantadue followers. Meno di cento le mettevano un “mi piace”, una manciata commentava con qualche esclamazione banale o una faccina; mai che fosse lei, Leni la stella, a mettere un cuoricino rosso vermiglio sotto alle sue foto.
La cosa che più faceva arrabbiare Cristina era che in questa community di brave e compassionevoli persone c’era anche Marta, che era sua amica su tutti i social, mentre dal vivo a malapena la salutava. Una stronza di prima categoria, come diceva il marito di Cristina, che liquidava piuttosto bruscamente gli sfoghi della moglie, soprattutto quando si addentrava nelle dinamiche del mondo virtuale. Era sempre di Marta il primo commento che le compariva in evidenza sotto al post del giorno, mentre stava rincantucciata nell’abitacolo della sua auto, in mezzo al chiasso digitale: Marta che non faceva un cazzo dalla mattina alla sera, che passava dalla farmacia solo per comprare creme costose e convincerla a regalarle campioncini in nome di una inesistente confidenza. Marta che a scuola l’aveva sfottuta dal primo giorno dandole della sfigata e guardandola insistentemente tra i risolini complici delle altre. Si poteva permettere una vita ricca, fatta di cene romantiche, viaggi, figli biondissimi e bravissimi, un marito innamorato, costantemente documentata su Instagram. Con una macchina fotografica che costava quanto due stipendi catturava in inverno, durante la consueta passeggiata prima di cena, meravigliose immagini del cielo stellato, che spacciava per foto scattate con un banale telefonino, augurando sogni splendenti a tutta la meravigliosa community. In estate coglieva la bellezza dei tramonti, le sfumature vibranti, e riusciva a rendere speciali persino i campi monotoni della pianura. Che falsa, quella Marta.
Cristina la osservava da lontano mentre faceva la sua camminata rilassante nella natura, dopo una faticosa giornata a bearsi della propria vita. La guardava dal finestrino, insaccata nel sedile, e si augurava che sparisse al più presto dietro le siepi all’angolo.
Anche quel giorno, chiusa la farmacia, Cristina aveva finalmente parcheggiato sotto al solito olmo alle diciannove e quarantacinque in punto: finestrino abbassato, fruscio lieve delle foglie e luce blu piantata nel riflesso degli occhiali. La giornata era stata particolarmente pesante e complicata, voleva solo mettersi comoda, tranquilla, saturare una delle foto che aveva scattato durante il pranzo ad alcuni passerotti e postarla con una strofa di Leni copiata e incollata. Magari sarebbe arrivato anche il like tanto agognato della sua cantante preferita. Non si capacitava del perché non la seguisse, non le avesse mai messo un cuoricino, non avesse mai risposto a un commento: aveva fatto come tutti gli altri fan, aveva scritto con le stesse intenzioni e si era fatta paladina di piccole azioni ispirate che sembravano contare molto, ma sicuramente se realizzate da altri e non da lei. Continuava ad essere trasparente, così mediocre.
“Sono troppo emozionata: grazie Leni!”. Il post di Marta. Di quella grandissima stronza di Marta. Una foto alle lucciole scattata proprio la sera prima lungo la roggia, con la macchina fotografica sul treppiede, e poi spacciata per un’immagine colta quasi per caso in una delle sue solite passeggiate tra le diciannove e trenta e le venti. L’aveva vista suo marito dalla finestra, avrebbe dovuto fotografarla e rivelare a tutti il suo inganno da quattro soldi. Che falsa che sei Marta: in estate prima di cena non le vedi mica le lucciole. Nessuno aveva colto quel particolare, a nessuno importava. Leni non solo aveva commentato, ora addirittura la seguiva. Cazzo, Leni, segui anche me, seguimi! Guarda i miei passerotti come sono carini, sono veri, è vita vera la mia. Leggi Leni, ho messo anche quella tua canzone, quella dove parli della natura così delicata, così indifesa!.
Nell’abitacolo mancava l’aria, Cristina aveva la gola serrata in un singhiozzo che non riusciva a far uscire: nonostante tutto continuava a scorrere i commenti entusiasti di chi considerava Marta una sorta di miracolata, baciata dalla fortuna o accarezzata dall’alito di qualche divinità immacolata. Ogni parola le serrava il respiro nel petto, gli occhi si erano velati di grandi ombre nere intermittenti, che appena le permisero di vedere Marta, lì, poco distante, impegnata a registrare una diretta durante la sua passeggiata prima di cena. Chissà di cosa stava parlando al suo pubblico di tanto interessante da non sentire gli pneumatici grattare la ghiaia: certamente tutti quanti udirono invece l’urto dell’auto di Cristina contro il suo corpo divenuto improvvisamente leggero, quasi senza peso, il tonfo che fece nella roggia, il rumore della portiera e i passi di Cristina che si avvicinavano al telefono caduto sul selciato. Tutti sicuramente videro le immagini vorticose dei rimbalzi, una mano prima e poi il volto di una donna che non era Marta, con gli occhi accesi in un sorriso febbricitante. Leni, mi vedi? Mi stai guardando? Mi chiamo Cristina, guarda su Instagram l’hashtag #mothernature, trovi la mia foto, quella che ho caricato oggi, per te, con i passerotti. Ora devi seguire me, segui il mio profilo, Marta tanto non c’è più.