Ci sono libri sul cui giudizio non riusciamo proprio a decidere. Per questo non ci resta che proporvi sia la recensione positiva che quella negativa. Lasciamo il verdetto finale a chi il libro lo ha letto e a chi lo leggerà.
PERCHÉNO / SÍPERCHÉ
Giornalista, saggista e scrittrice, Joan Didion è un monumento della letteratura statunitense. Nel 2012 ha ricevuto la National Medal of Arts e la National Humanities Medal dalle mani del Presidente Obama. Ho imparato molto su di lei grazie a un documentario del 2017 (Joan Didion. Il centro non reggerà, Netflix), dove la si vede ormai ottantenne e molto malata di sclerosi ma ancora in grado di trasmettere analisi e opinioni, e dotata di una forte carica umana, un trasporto, una partecipazione agli alti e bassi della vita che ce la fa amare. Ho allora deciso di leggere Diglielo da parte mia, uno dei suoi romanzi più famosi e più riconosciuti. La delusione è stata forte.
Un romanzo innanzitutto confuso (sarà certamente volutamente confuso), che non si mette mai nei panni del lettore. Si fatica a capire chi sta parlando, di cosa, di chi. Lo stile è irritante: frasi brevi, sincopate, periodi spezzati. Dialoghi strani, caotici, poche congiunzioni, pochi verbi, tanti a capo. Una ambientazione irreale, esasperata, ma che nelle intenzioni della Didion doveva essere reale come molti luoghi dell’America Latina durante la pesante dominazione nordamericana.
A Boca Grande, una piccola area residenziale sull’isola di Gasparilla nel sud-ovest della Florida, una donna racconta di un’altra donna appena arrivata nella località dopo matrimoni non felici e la perdita di due figlie. Avrebbe dovuto essere una narrazione affettuosa ma la scrittura della Didion ci allontana da qualsiasi forma di empatia. Peripezie, personaggi che entrano ed escono, frasi a effetto di cui non si capisce il senso.
Nella mia copia, forse comprata di seconda mano, un precedente lettore su una pagina bianca all’inizio del volume aveva cominciato ad annotare i nomi dei personaggi, le parentele, con parecchie correzioni. Freccette qua e là per ricordarsi, affrontando un nuovo capitolo, chi era chi. Ho sfruttato questi appunti per orientarmi, ma poi ho lasciato perdere. Non ce l’ho fatta. Pare proprio che un romanzo, se non è confuso, di difficile comprensione e un po’ fané non possa diventare un capolavoro.
A Book of Common Prayer, titolo originale del romanzo di Joan Didion tradotto dall’editore italiano nel 2013 con Diglielo da parte mia, è una esperienza di lettura forte, che ho provato poche altre volte. Per l’innovazione stilistica, i temi trattati, i personaggi, che non si dimenticano facilmente. Ma andiamo con ordine.
Grace, un’antropologa che si è ritirata dall’attività, vive a Boca Grande, in America Latina, dove ha sposato un piantatore di palme da cocco. Un giorno nella piccola località arriva l’affascinante Charlotte, e Grace comincia a raccontare la sua storia. La storia di una donna raccontata da un’altra donna.
Nella vita di Charlotte ci sono mariti abbandonati e figlie perdute; una figlia, Marin, è scomparsa (la sua vicenda è ispirata a quella della criminale Patricia Campbell Hearst). In questo romanzo entra così prepotentemente anche l’America: l’America del Nord che sfrutta quella del sud, l’America del Nord conformista e autoritaria. I colpi di stato a Boca Grande sono orchestrati, anche i ribelli sono finti o facilmente integrabili dal potere. Tutti questi temi – colonialismo, sfruttamento, terrorismo, ribellione, famiglia, amore – sono magistralmente intrecciati dalla Didion con uno stile secco, veloce, espressivo.
Dalle sue pagine allucinate non si esce facilmente. Ci si rimane avvolti dentro, così come anche Charlotte e Grace e Victor e Luis e Antonio e Gerardo sono impigliati dentro Boca Grande, nel suo clima impossibile, nelle sue febbri, nei suoi affari.
Didion crea un mondo molto lontano dal nostro, nel quale è impossibile identificarsi, i suoi personaggi non ci assomigliano. Allo stesso tempo è un mondo che in qualche modo sentiamo quasi nostro. E come Charlotte e Grace e Victor e Luis e Antonio e Gerardo la sera anch’io, lettore, sento «l’impeto della marea, la marejada, che inonda il frangiflutti, zittisce i cani, allevia il bruciore della mia pelle e sciacqua i miei capelli secchi e fragili, e riporta a galla la petroliera battente bandiera liberiana nel porto di fronte ai viali allagati della città».
Diglielo da parte mia di Joan Didion
1977, E/O 2013, 266 pp.