
Esce in questi giorni in libreria Nessuno escluso. Metodi e strumenti per lo studio della povertà educativa (Cleup). Il saggio, curato da M. Chiara Levorato e Alice Barsanti, affronta il tema della povertà educativa attraverso una pluralità di contributi e di approcci teorici e metodologici, accostando il punto di vista della Psicologia dello sviluppo a quello delle scienze statistiche, della pedagogia della famiglia, del counseling psicologico per l’inclusione sociale, dell’arte musicale
Il volume sarà presentato durante il convegno La povertà educativa in Italia. Strumenti di analisi e azioni di contrasto, che si terrà sabato 28 ottobre 2023 presso Villa Contarini – Fondazione G.E. Ghirardi a Piazzola sul Brenta (Pd). Ma nel frattempo abbiamo voluto chiedere alla curatrice M. Chiara Levorato quali sono i punti salienti di questa ricerca. Cosa si intende con povertà educativa? Quali sono le cause e quanto influiscono i primi anni di vita? Quale il ruolo della scuola nella prima infanzia? Cosa si può fare concretamente per contrastare la povertà educativa?
Che cosa è la povertà educativa?
La povertà educativa è la condizione che impedisce a bambine/i e adolescenti di accedere al loro diritto di apprendere e ricevere una formazione adeguata, a causa di un contesto familiare e sociale svantaggiato. La povertà economica è fortemente associata alla povertà educativa, ma quest’ultima va oltre: a volte, anche in presenza di situazioni economicamente favorevoli, non viene favorita l’espressione di capacità, competenze e talenti a causa di limiti culturali dell’ambiente in cui avviene lo sviluppo personale.
Nella quarta di copertina lei dichiara che l’origine della povertà educativa va ricercata nella prima infanzia, prima dell’ingresso a scuola, a cosa deve questa affermazione?
Come spieghiamo nel volume, tra le determinanti principali della povertà educativa c’è il livello di istruzione dei genitori. È un cane che si morde la coda: genitori poco istruiti spesso hanno un lavoro poco remunerato o precario; questo mette i bambini e le bambine in situazioni di svantaggio fin dai primi anni. A questo proposito cito un’indagine di Save the Children che ha dimostrato che già tra i 3 anni e mezzo e i 4 anni e mezzo si osserva una differenza nelle abilità e nelle competenze in funzione della scolarità dei genitori.
Può essere dunque che questa sia la causa prevalente, ma esistono altre cause che veicolano povertà educativa?
Più che di cause, credo sia corretto parlare di fattori di rischio: oltre a quello della condizione socio-economiche e culturale della famiglia, nel volume analizziamo l’impatto della nazionalità e della religione, del genere sessuale, della presenza di disabilità fisiche e psichiche, di un uso eccessivo e scorretto di device elettronici nei primi anni di vita. Nessuno di questi fattori di per sé è causa di povertà educativa, ma quando si presentano congiunti le probabilità che essa si manifesti aumentano di molto.
Quale ruolo ha la scuola nel limitare questo svantaggio precoce?
La scuola può fare poco e molto allo stesso tempo. Poco, perché i finanziamenti non sono sufficienti e l’intero sistema è bloccato da una burocrazia assurda. Molto, perché a livello locale, se non di singolo istituto o classe, le azioni che non costano e non richiedono importanti infrastrutture sono molte. Purtroppo, spesso la scuola cristallizza le condizioni di partenza. A dimostrazione di questa affermazione ci sono i dati ISTAT che dimostrano come nei contesti svantaggiati i livelli di abbandono e dispersione scolastica siano molto alti. Sono circa 110.000 gli alunni che abbandonano annualmente la scuola italiana, ma con significative differenze tra zona e zona, tra i diversi contesti socioculturali ed economici. Negli Istituti professionali l’abbandono è dieci volte più alto che nei licei, nelle regioni del Sud e nelle Isole l’ incidenza è maggiore, soprattutto tra i maschi, raggiungendo livelli che superano il 20%. Vuol dire che un ragazzo su 4 o su 5 non va oltre il diploma di media inferiore. Tra gli immigrati il problema è particolarmente serio: la quota di coloro che rinunciano arriva addirittura al 39 %.
Quali azioni possono essere messe concretamente in atto per contrastare la povertà educativa?
La soluzione del problema si colloca soprattutto a livello di decisori politici. L’abbiamo detto a proposito della scarsità di investimenti nella scuola. Il risultato è che L’Italia è il Paese con le prestazioni tra le più basse in Europa nelle prove Invalsi, che misurano le competenze in italiano matematica e inglese. Ma prima ancora, un ruolo importante nel ridurre le diseguaglianze è la frequenza dell’asilo nido. Nonostante sia un fatto accertato, in certi territori del Paese solo un bambino su 10 vi può accedere. Nel ricco Nordest si è rispettata la quota del 33% stabilita dalla convenzione di Lisbona. Bene, e il rimanente 67%? La mancanza di asili nido poi si riverbera a livello di occupazione femminile, che nel nostro Paese supera appena il 50%, che è un dato sconfortante. Come vede i cambiamenti necessari sono strutturali e molto vasti, ad amplissimo raggio. All’interno di questa cornice piuttosto scoraggiante, però, le azioni che si possono intraprendere sono varie e riguardano tutti i campi della creatività umana: dalla musica (con le orchestre sociali) alla narrazione (con laboratori di lettura) alle arti visive (con laboratori di fotografia), con un lavoro capillare con le famiglie per creare attenzione e consapevolezza sui bisogni dei bambini e delle bambine. Nel volume Nessuno escluso vengono ripostati alcuni esempi di queste buone pratiche.
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M. Chiara Levorato
Studiosa Senior di Psicologia dello Sviluppo dell’Università di Padova. Fondatrice e Past President dell’Associazione CLASTA – Communication & Language Acquisition Studies in Typical and Atypical populations e Referente nazionale per la Consensus Conference sul Disturbo Primario del Linguaggio.
Alice Barsanti
Borsista di ricerca presso il Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione (Università di Padova), incaricata dalla Fondazione G.E. Ghirardi onlus per l’indagine Nuove e vecchie povertà educative. Collabora con l’Associazione di Cooperazione e Solidarietà in progetti di empowerment femminile in Palestina.
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