Nel 2020 ha vinto con merito il Leone d’Oro alla Mostra dell’Arte Cinematografica di Venezia e ora corre verso gli Oscar con ben sei candidature: film, regia, sceneggiatura originale, attrice protagonista, fotografia e montaggio. Brava la regista Chloé Zhao (nata a Pechino; a Londra e negli Stati Uniti da quando aveva quindici anni), ma è difficile non vedere nel successo e nella bellezza di Nomadland il contributo fondamentale di altre due donne: l’attrice Frances McDormand e la giornalista Jessica Bruder, autrice del libro Nomadland, un racconto d’inchiesta.
Per tre anni Bruder ha viaggiato in camper sulle strade e nei luoghi dove vivono famiglie, coppie o single che non possono permettersi una casa. I nuovi nomadi americani vanno dove riescono a trovare un lavoro e hanno creato una sottocultura, un gruppo sociale che si riconosce in peculiari valori e regole, e che fonda la propria sopravvivenza sulla disponibilità al reciproco aiuto.
di Giuliano Gallini
In un mondo sempre più segnato da una profonda schizofrenia tra la cultura mainstream e il fiorire di subculture di ogni livello e contenuto (musicali, sportive, di protesta, di preferenze sessuali, di credenze mistiche e religiose), questa dei nomadi americani, osservata così attentamente da Jessica Bruder, è una subcultura notevole e stimolante, perché vi è alla sua base una permanenza del sogno americano, il grande mito della libertà.
Nel caso specifico degli houseless (attenzione: non homeless) la libertà si identifica con una vita sulla strada, definita dal contatto con la natura e dalla possibilità di muoversi e cambiare posto in ogni momento, leggeri ma anche privi di tutte le comodità che caratterizzano l’esistenza stanziale.
Le vestigia del 'sogno americano'
Il mito della libertà resiste anche alle contraddizioni e alle limitazioni che porta con sé: la maggior parte di questi nuovi migranti è anziana, ha una pensione insufficiente e spesso appartiene ad una classe media diventata improvvisamente povera. Non sono giovani, non sono gli hippies degli anni ’60-’70 dediti all’amore libero. Sono i miti e gli umili, uniti dalla condivisione di un grande valore, la libertà, appunto, e dalla reciproca solidarietà. Sotto le vestigia del sogno americano si nasconde un welfare state che non c’è, servizi primari insufficienti e un abisso di disuguaglianza sociale divenuto ormai incolmabile.

Con la sua riconosciuta maestria, Frances McDormand interpreta il personaggio della protagonista, Fern, contribuendo in modo decisivo alla riuscita del film, di cui è anche produttrice. McDormand è un’attrice che esprime verità, profondità: con i suoi occhi a volte stanchi, con le rughe del volto e del corpo, con un’ostinazione a essere autentica che fa di lei una della più grandi attrici del nostro tempo.
Il film Nomadland sarà disponibile in Tv su Star Disney+ dal 30 aprile 2021, vale però la pena aspettare che torni nelle sale non appena riapriranno, perché il grande schermo rende pienamente giustizia ai volti, alle storie e alla vivida fotografia dei vasti paesaggi americani magistralmente ripresi dalla regista.
Il libro di Jessica Bruder, Nomadland, un racconto d’inchiesta è edito in Italia da Edizioni Clichy nella collana Rive Gauche, dedicata alla fiction e non-fiction americana. La traduzione verso l’italiano è di Giada Diano.