QdiQuarantena Rubrica semiseria sugli effetti di un isolamento prolungato
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Questa mattina il gatto Momo, mentre facevo colazione, è salito sulla sedia accanto e, del tutto disinteressato alle fette biscottate con la marmellata, mi ha detto che si sente più vicino a Jung che a Freud. Lo convincono le idee dell’inconscio collettivo, che gli pare proprio una cosa da gatti, e l’importanza dei fenomeni paranormali, che gli sembrano proprio cose da gatti. Poi mi ha spiegato che fa sogni ripetitivi di cui si ricorda poco e che hanno tutti a che fare con la caccia al topo, e che se lo fanno mettere su un lettino dopo pochi minuti è già addormentato a sognare la caccia al topo. Poco adatto per un’analisi freudiana.

L’ho guardato stupito, perché non sapevo che si interessasse di psicanalisi, argomento di cui io peraltro so pochissimo. E poi ero anche distratto da quanto mi aveva scritto un attore: “Gli amici veri su cui contare si trovano nel mobile bar”.
Ho deciso di aspettare la sera: forse la mattina i liquori sono più scorbutici, meno abituati, non volevo essere scambiato per una casalinga alcolizzata. La giornata è passata come al solito, a pranzo ho mangiato un panino con la mortadella, il pane l’avevo fatto tagliare dal negoziante per polemica contro quei presuntuosi dei coltelli.
Pomeriggio mediocre. Ho guardato 10 tutorial su come si indossa la mascherina (il singolare è perfetto perché ne ho una sola) ma non ho ancora capito come si fa. Poi ho guardato dei dibattiti in cui attori cantanti e show girls esprimevano le loro opinioni sul virus. Un cuoco spiegava come si fa una perfetta carbonara vegana.
Quando finalmente verso sera ho aperto lo sportello del mobile bar sono stato travolto da una ventata di allegria: Pampero canticchiava una salsa venezuelana, di quelle che si suonano nei peggiori bar di Caracas, sottovoce, per non disturbare Rémy Martin che accennava una vecchia canzone di Trenet. Nardini cantava da solo un coro degli alpini, Campari mi ha strizzato l’occhio.
Io e Campari abbiamo un ottimo rapporto da tempo, di stima e affetto. “Ti ricordi, gli ho detto, di quando ero un patito del Negroni?”. È lì che mi ha strizzato l’occhio. L’unico che mi sembrava immusonito era Nocino, che avevo fatto io stesso anni prima; ma si sa, con le proprie creature c’è sempre maggiore difficoltà, magari era geloso o aveva troppe aspettative.
Ce n’erano altri, perfino una dimenticata Grappa di Rose che mi ha sussurrato “Buona sela”. In tutto 9 bottiglie: per non fare torto a nessuno ho bevuto un bicchierino – ma non pieno fino all’orlo – di ciascuno. Poi non ricordo il resto della serata. NZ
Disegni di Nino Trainito
- 23° giorno, il frigo ha cominciato a parlarmi…
- 24° giorno, la formula della distanza
- 25° giorno, Momo gatto junghiano
- 26° giorno, sull’aggressività dei coltelli
- 28° giorno, viviamo in tempi sospetti
- 29° giorno, a raddrizzare quadri storti
- 30° giorno, sicofante acribia anodino sesquipedale!
- 31° giorno, si tratta di un complotto del gatto Momo
- 32° giorno, i liquori hanno litigato fra di loro
- (33°) e 34° giorno, ogni cosa torna al suo posto