di Giuliano Gallini
“La vita d’una persona consiste in un insieme d’avvenimenti di cui l’ultimo potrebbe anche cambiare il senso di tutto l’insieme, non perché conti di più dei precedenti ma perché una volta inclusi in una vita gli avvenimenti si dispongono in un ordine che non è cronologico ma risponde a una architettura interna”.
Con questa citazione da Palomar di Italo Calvino si chiude il primo capitolo del saggio La cosa più vicina alla vita di James Wood. James Wood è un critico letterario americano, insegna ad Harvard e collabora con «The New Yorker». In questo libro sono state raccolte quattro lezioni di critica letteraria che sono tra le più belle che io abbia letto.
Nella prima James Wood torna alla prima domanda, al “perché?”.

“La morte genera la prima domanda – Perché? – e uccide tutte le risposte. E non è cosa da poco che questa prima domanda, la parola che proferiamo da bambini quando ci rendiamo conto che la vita può essere portata via non cambia realmente nella profondità, nel tono o nella forma, per tutto il corso della nostra esistenza. È il nostro primo e ultimo interrogativo, pronunciato con la stessa incomprensione, sofferenza, rabbia e paura a sessant’anni come a sei. Perché le persone muoiono? E dato che muoiono, perché vivono? Quale è il senso della vita? Cosa ci facciamo qui? Perché c’è tanta sofferenza?”.
È a queste domande che il Romanzo cerca di rispondere, attraverso una tensione continua tra la modalità secolare e quella religiosa, tra fatto e forma.
“L’impulso secolare del romanzo mira a espandere ed estendere la vita; il romanzo è il più grande speculatore sui titoli dell’ordinario. Amplia i fatti delle nostre vite in scene e dettagli; si sforza di impartire a questi fatti un ritmo che si avvicini al tempo reale […] ma la modalità eterna o religiosa del romanzo ci ricorda che la vita è circoscritta dalla morte, che la vita è morte in attesa. A rendere religiosa questa modalità è il fatto di condividere la tendenza sacra a considerare la vita come limitata, come già scritta”.
Come la morte di una persona cara ci permette di osservarne la vita intera, compresi gli ultimi attimi che possono modificare la luce con cui l’abbiamo sempre guardata, così una narrazione ci permette di vedere tutto della storia e dei personaggi, e di essere onniscienti. Se la narrazione classica è strutturata attorno alla morte (Benjamin) è perché proprio attraverso la narrazione possiamo trascenderla. Il lettore insieme all’autore. Nel romanzo si alternano e sovrappongono presente e passato, fatto e forma, libero arbitrio e determinismo, espansione secolare e contrazione religiosa.
Wood ci ricorda che non c’è una strada unica e buona per il romanziere, per esempio intervenire e proporre il proprio punto di vista oppure ritirarsi nell’impersonalità e in una glaciale indifferenza (come vorrebbero molte moderne scuole di scrittura). È la grande libertà dei punti di vista e dei modelli narrativi che permette al romanzo moderno di avvicinarsi alla vita.
Le altre lezioni del saggio sono: Osservazione scrupolosa, Usare tutto, Erraticità secolare. Affrontano temi come il mestiere del critico, l’attenzione al dettaglio, le condizioni dell’esule, ma quasi ogni pagina di Wood torna alla ragione della grande letteratura: opporsi all’arroganza del tempo, salvare la vita delle cose dalla morte. Quando la letteratura è buona, i dettagli descrittivi, ad esempio, non riguardano solo un aspetto esteriore della realtà ma rivelano anche uno stato interiore, come «nel celebre passaggio in cui Anna Karenina nota la dimensione delle orecchie del marito dopo aver incontrato Vronskij sul treno». È questa natura della descrizione che permette di trasportare un mondo immaginato dentro la coscienza del lettore, di renderlo più reale del reale e capace di modificare sentimenti e azioni di chi legge.
Leggendo La cosa più vicina alla vita ho camminato sulla linea di confine tra Letteratura e Vita come raramente mi è successo in passato. È un confine meraviglioso, dal quale si può vedere come la narrazione di qualità sposti continuamente la vita in un orizzonte personale o dentro una finestra del cielo. Tutto risponde, finalmente: e i perché non sono più domande angosciose.
Un libro per…
…chi vuole capire che cosa fa grande la letteratura. Da non perdere.
James Wood, La cosa più vicina alla vita. Lezioni sul nostro amore per i libri, Mondadori, 2016, pp. 108, € 20.
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