Non è raro che un forte lettore abbia nella propria libreria anche molti saggi di critica letteraria, di analisi dei testi creativi, di insegnamento della scrittura, di studi sulla struttura del romanzo e di riflessioni attorno ai suoi segreti. Libri di ogni tipo e argomento, dalla più banale manualistica sulla punteggiatura alla saggistica (consentiteci qui di citare Racconti, storie e narrazioni di Maria Chiara Levorato), da Lector in Fabula di Umberto Eco a L’arte del romanzo di Milan Kundera.
Per rimanere sugli scrittori (e sono davvero molti) che generosamente hanno elargito consigli agli aspiranti colleghi aggiungiamo qui solo Gustave Flaubert (Pagina Bianca), Thomas Mann (La gioia maiuscola di essere scrittori), Ernest Hemingway (Il principio dell’iceberg. Intervista sull’arte di scrivere e narrare), Virginia Woolf (Una stanza tutta per sé), Abraham Yehoshua (vari saggi e articoli, fra cui il recente Io, Dostoevskij e una certa idea di letteratura, «Robinson», 23 mag 2020), Mario Vargas Llosa (Lettere a un aspirante romanziere), Haruki Murakami (Il mestiere dello scrittore), Stephen King (On Writing). La lista sarebbe lunghissima. E poi ci sono i grandi classici della critica: Walter Benjamin, Roland Barthes, Gérard Genette, Viktor Šklovskij, Roland Bournef, José Ortega y Gasset…
La scrittura non si insegna

Sì, è interessante sapere che cosa gli scrittori pensino dello scrivere, come i critici scompongano le strutture narrative, quali siano le tecniche migliori per non annoiare il lettore; e infine cercare risposte al perché leggere opere narrative (ma anche ascoltare o guardare un film o una Serie tv) sia così importante per noi sapiens.
Poche settimane fa è uscito La scrittura non si insegna di Vanni Santoni, edito da minimum fax. Abbiamo subito pensato che nel nostro scaffale ideale di libri che parlano di come si scrivono libri non c’era proprio più posto. Il titolo però ci incuriosiva. Vanni Santoni insegna nelle scuole di scrittura e allora, ci siamo chiesti, che cosa fa: sega il ramo su cui è seduto? Ha intenzione di lasciarsi andare, di cadere rovinosamente, di dichiarare esaurita la propria missione? Alla fine non abbiamo resistito alla tentazione di comprarlo e leggerlo, e abbiamo fatto bene.
Due non-insegnamenti imprescindibili
La scrittura non si insegna? In realtà, Santoni ci conforta sulla possibilità di ‘imparare’ a scrivere, a patto che non si transiga su due attività in apparenza banali, ma che in realtà sono basilari e imprescindibili:
- LEGGERE. Tanto, di tutto. Ebbene sì, anche l’Ulisse e Alla ricerca del tempo perduto, e per d’avvero. Santoni stila una lista di un centinaio di libri (impegnativi) che uno scrittore deve assolutamente aver letto. Almeno quelli, naturalmente. Leggere, leggere, leggere.
- SCRIVERE. Santoni è, su questo, radicale: bisogna scrivere tutti i giorni. Tutti i santi giorni dell’anno. Almeno qualche migliaio di battute. Altrimenti non c’è verso.
Se tutti gli scrittori e gli aspiranti scrittori italiani fossero anche dei forti lettori, l’editoria non conoscerebbe crisi e le librerie vedrebbero incrementi a doppia cifra sulle vendite. Viene il sospetto che molti scrittori leggano poco, perlomeno quel genere di scrittori (mediocri, superficiali) che pensano di poter scrivere senza leggere, e ce ne sono anche tra chi pubblica con buone case editrici. Sì, sì. Avrete sicuramente anche voi un amico o un’amica – un romanzo già pubblicato, qualche altro in cantiere – che scrive ‘ogni tanto’, quando ha tempo, ché di cose ne ha da fare… Quindi onore ai precetti di Santoni.
Dopo la prima metà del libro però l’insegnante di scrittura creativa che è in Santoni salta fuori: «Questo libro potrebbe finire qui… ma c’è ancora qualcosa d’altro: in diversi anni di insegnamento ho isolato un pugno di suggerimenti che possono essere utili a tutti». E questi suggerimenti sono: evitare i cliché, non scrivere cose noiose, revisionare a sufficienza, confrontarsi.
Anche questa seconda parte è godibile, e forse un aspirante scrittore la troverà più interessante della prima, meno impegnativa e più utile. La lista dei cliché, per esempio, è fantastica e tenendola davanti agli occhi lo scrittore potrà revisionare più efficacemente il suo testo. Ma il libro di Santoni poteva davvero fermarsi all’esortazione: leggete molto e scrivete tutti i giorni se volete produrre qualcosa di decente. Ma è questa una critica affettuosa, nel libro c’è di più, non di meno, e quindi va letto tutto.
Opera o prodotto: una questione di ispirazione
In un passaggio del suo pamphlet Santoni riporta una frase del pittore Chuck Close che ben si adatta, dice, agli scrittori: «L’ispirazione è per i dilettanti». È così, commenta Santoni. Per carità, prosegue, l’ispirazione esiste, e quando arriva si riescono a scrivere più pagine, a volte migliori. Ma arriva regolarmente solo se ci si mette al lavoro con regolarità, e con regolarità significa tutti i giorni.
Ora, questa considerazione è da approvare se la critica di Santoni intende colpire lo scrittore che, sentendosi ispirato, pensa di poter scrivere senza tecnica, senza fatica, solo perché l’angelo di Caravaggio sta guidando la sua mano. Non è invece da approvare se spinge l’aspirante scrittore a credere che una volta apprese le tecniche in un corso di scrittura creativa sarà in grado di scrivere un romanzo o un racconto di qualità. No, potrà scrivere un buon prodotto. Ci sono migliaia di romanzi che tutti gli anni vengono pubblicati e letti, ma sono solo dei prodotti. Non sono opere di cui si scorge la necessità fin dalle prime pagine. Nulla contro i prodotti, specie se buoni. Decido di scrivere un giallo, studio a fondo il genere, capisco che tecniche usare, mi immagino un commissario con un hobby originale e una fidanzata carina, un luogo e una epoca dove farlo agire; ci scrivo sopra un racconto, poi un altro e mi auguro finisca per diventare una serie tv. Stessa cosa vale per una storia d’amore, un noir, una distopia. Si tratta di romanzi costruiti a tavolino, ben costruiti a volte, mal costruiti e noiosi il più delle volte. Un’opera invece (passateci queste definizioni) nasce da un’ispirazione.
Definire l’ispirazione è ovviamente molto difficile, ma quando arriva si riconosce. È come vedere una fotografia magica in cui è contenuto tutto il romanzo, è scrivere senza schemi prestabiliti, è lasciare che siano i polpastrelli a creare i personaggi mentre si scrive. E quando l’ispirazione c’è, il lettore se ne accorge. Le scuole di scrittura insegnano a scrivere prodotti, i primi due precetti di Santoni invece aiutano a scrivere opere.
Dire sì alle riviste letterarie
Nella seconda parte del libro Santoni parla delle riviste letterarie. Parla, quindi, indirettamente anche di noi, Qdicopertina. Spesso gli scrittori prima di uscire con editori importanti hanno già pubblicato uno o più racconti su qualche rivista online o cartacea. Dice Santoni: «Ma su quali riviste è meglio scrivere? Premesso che una rivista puoi pure fondarla assieme a un paio di amici, mi vengono in mente queste…». E fornisce un elenco di riviste, specificando che mentre scrive alcune potrebbero già avere chiuso, perché è un campo per natura mutevole: altre ne stanno nascendo, altre nasceranno».
Ma, continua Santoni: «Le riviste hanno una ragion d’essere in quanto tali… Hanno un ruolo d’avanguardia… L’importante è dire sì alle riviste e non tanto per trovare un luogo in cui allenarsi o una scorciatoia per arrivare alla editoria. L’importante è dire sì per entrare in contatto con una società letteraria. Solo così sarà possibile capire davvero che cosa si vuole scrivere e arrivare a farlo nel modo che si vuole, e allora neanche ci premerà troppo di pubblicare: sarà una cosa che arriverà da sola quando sarà il momento».
Non possiamo che essere d’accordo con lui!
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