
Gianluigi Bodi è il creatore del sito senzaudio.it dove recensisce libri di case editrici indipendenti (e non solo). Scrive soprattutto racconti, un genere di cui è un sicuro e felice interprete. Vive a Mogliano Veneto.
Per la casa editrice LiberAria ha curato una raccolta di racconti multi-autore, Hotel Lagoverde, che per la qualità degli scrittori presenti compendia la migliore giovane letteratura italiana contemporanea. Gli autori sono Emanuela Canepa, Michele Orti Manara, Giulia Mazza, Alessandro Cinquegrani, Daniela Morano, Cristò, Paolo Zardi, Ivano Porpora, Domenico Dara e lo stesso Gianluigi Bodi che chiude la raccolta con il racconto L’assunzione.
di Giuliano Gallini
Sono un lettore onnivoro e non mi tiro indietro davanti a nessun genere e a nessuna struttura narrativa. Sui racconti sono però un po’ schizzinoso. Non so perché, ma mi aspetto sempre di leggere qualcosa all’altezza, che so, di Su nel Michigan, mentre con i romanzi sono più tollerante. Hotel Lagoverde però mi aveva incuriosito: «Puoi leggere un racconto al giorno, per conciliarti il sonno; ma se preferisci le storie lunghe sappi che i racconti dell’Hotel Lagoverde sono legati assieme da un filo che li tiene stretti l’uno all’altro come fossero tutti parte di una unica, più complessa storia», si legge nella quarta di copertina. L’ho comprato e sono contento di averlo fatto.
Raramente rileggo, a distanza di un mese, lo stesso libro. Con Hotel Lagoverde è successo. Mi sembrava di averne fatto una lettura superficiale, di essermi lasciato sfuggire qualcosa di importante. Ci sono libri che in qualche misterioso modo indugiano dentro di te e che senti il bisogno di riprendere in mano per capire che cosa non hai colto. Senti che ci dev’essere dell’altro.
Così ho riletto Hotel Lagoverde, e in un modo ancora più misterioso mi è rimasto nell’animo. Non è stato nulla di particolare a colpirmi: non la bellezza dello stile, né la trama, la sorpresa, la suspense o un personaggio in cui mi sono identificato – tutti elementi che non mancano e che comunque restano nella memoria. Ma è stato qualcosa di meno, o di più: è stata l’atmosfera di una realtà che non pensavo potesse esistere. Ma parliamone con Bodi.

Non posso citare tutti gli autori e accennare a tutti i racconti, né dirò, nemmeno sotto tortura, quali mi siano piaciuti di più. Anche perché prevale l’insieme. Però devo pur introdurre le mie domande e lo faccio sfruttando il primo racconto, quello di Emanuela Canepa. Qui le carte sono subito in tavola: un uomo ha sognato l’Hotel e lui e sua moglie entrano nel sogno. È un racconto divertente dove l’angoscia si stempera man mano che si procede nella lettura fino a un esito ‘miracoloso’. È stata una tua scelta iniziare la raccolta con questo racconto? E in generale come hai deciso l’ordine di ‘apparizione’?
Quando ho iniziato a progettare la struttura della raccolta avevo solo un punto fermo: era necessario che il mio racconto fosse l’ultimo. L’architettura alla base di Hotel Lagoverde doveva avere una pietra di volta che permettesse a tutti i racconti di stare in equilibrio assieme. Quando sono arrivati tutti gli altri racconti degli autori e delle autrici coinvolte mi sono accorto che, in un modo che non avevo previsto, era come se ognuno di loro avesse trovato il proprio posto all’interno dell’opera. A volte so che alcuni curatori cercando di iniziare con il botto, mettendo subito i pezzi da novanta all’inizio, io non ho avuto questo problema perché tutti gli autori coinvolti sono penne eccezionali, ma il racconto di Emanuela Canepa mi è sembrato ideale per iniziare a far conoscere ai lettori l’atmosfera onirica dell’Hotel Lagoverde. Dopo aver appoggiato la prima pietra tutto il resto è venuto in maniera naturale, il racconto di Zardi, che è a metà della raccolta è lì perché fornisce degli elementi della trama generale e in qualche modo si lega con il finale.
Ho cercato di rielaborare l’affermazione secondo cui ogni volta che si va in vacanza si lascia un pezzo di cuore nel posto in cui si è stati. Avviene qualcosa all’Hotel Lagoverde, qualcosa di inspiegabile e che non si può definire fino in fondo. Qualcosa che i clienti stessi nemmeno percepiscono. Eppure c’è e noi ne siamo testimoni.
L’Hotel Lagoverde, per come l’ho capito io, è un varco che permette ai personaggi di abbandonare una realtà che non li soddisfa. È così?
A questa domanda devo cercare di rispondere senza rovinare il libro a chi vorrà leggerlo. L’idea del varco è ottima e rappresenta molto bene una parte dell’hotel. Diciamo che ho cercato di rielaborare l’affermazione secondo cui ogni volta che si va in vacanza si lascia un pezzo di cuore nel posto in cui si è stati. Avviene qualcosa all’Hotel Lagoverde, qualcosa di inspiegabile e che non si può definire fino in fondo. Qualcosa che i clienti stessi nemmeno percepiscono. Eppure c’è e noi ne siamo testimoni.

Racconti brevi, romanzi brevi (o racconti lunghi) e romanzi. Quali tra questi preferisci leggere?
Rischio di dare una riposta scontata, ma cercherò di elaborarla nel miglior modo possibile. Non faccio distinzioni tra racconti, romanzi brevi o lunghi. Per me si divide tutto in buona letteratura e pessima letteratura e anche questa definizione è fallace perché dovrei spiegare cosa ritengo buona letteratura e pessima letteratura. Diciamo che di solito, quando prendo in mano un libro e ne leggo le prime pagine so già se quel libro ha qualcosa da dirmi. Non si tratta di un giudizio di qualità vero e proprio, si base più su una certa sintonia che deve nascere tra me e il libro. Quando ho incontrato i racconti di Borges ero in una fase in cui leggevo esclusivamente romanzi e mi ricordo che scoprendo che Borges non ne aveva scritti c’ero rimasto male. Eppure mi sono fatto prendere all’amo dai suoi racconti e poi da lì ho esplorato sempre più il genere breve. A volte mi capita di pensare che un racconto avrebbe meritato più spazio o che un romanzo di duecento pagine poteva portare a casa lo stesso risultato nella metà dello spazio, ma tendenzialmente cerco di leggere sempre senza pregiudizi. Quello che può succedere, alla fine della lettura, è chiedermi se ciò che ho letto mi abbia lasciato qualcosa. Se la risposta è sì, allora non ho sprecato il mio tempo.
Come scrivi nella tua prefazione (citando Julio Cortázar), il racconto breve è una fotografia mentre il romanzo è un film. Lo stesso Cortázar dice anche che il racconto è “un’esplosione”, una “apertura del piccolo verso il grande” e che deve procedere velocemente verso un finale fino a quel momento impensabile. Non c’è bisogno di molti dettagli, digressioni e descrizioni. I dialoghi sono essenziali e tutto confluisce verso un colpo di scena, un ribaltamento il cui effetto è amplificato dall’unità di costruzione del racconto. Ma c’è un altro aspetto che mi sembra decisivo: il mistero, il non detto. È accaduto qualcosa che non viene raccontato, e attorno a questo non raccontato viene costruito il senso del testo. Ci sono almeno tre racconti in Hotel Lagoverde che hanno questa caratteristica: parlano di ciò che succede dopo un evento traumatico (mai del tutto chiaro) e creano un finale sospeso, che ha ancora enigmi da sciogliere. Che cosa pensi di questo mio sproloquio?
Prima di tutto non è uno sproloquio, ma hai espresso un concetto a cui io stesso credo molto. Nel racconto, ciò che manca ha la stessa importanza di ciò che c’è, molto spesso ne ha anche di più. Partire da un non detto apre la possibilità di percorrere un numero infinito di strade e lascia al lettore l’onere e il piacere dell’ipotesi. Tra le altre cose, la formulazione delle ipotesi è un processo continuo che calibriamo pagina dopo pagina. È una cosa che i lettori di romanzi gialli conoscono benissimo, ma che in realtà definisce un meccanismo che usiamo per riempire con la nostra esperienza gli spazi che l’autore ha lasciato in bianco. C’è poi l’aspetto dell’economia del testo. Ho sempre pensato che uno degli aspetti più difficili per chi scrive racconti sia quello di sfrondare il testo fino a lasciare sulla pagina solo ed esclusivamente ciò che serve al testo stesso per raccontare la storia. Niente deve essere superfluo. Il romanzo ti permette un po’ più di libertà, la caratterizzazione dei luoghi e dei personaggi può prendersi più spazio. Nel racconto devi essere teso verso il risultato finale, verso il traguardo.
Uno degli aspetti più difficili per chi scrive racconti è quello di sfrondare il testo fino a lasciare sulla pagina solo ed esclusivamente ciò che serve al testo stesso per raccontare la storia. Niente deve essere superfluo.
Adesso una domanda che ti avranno fatto tutti ma che non può mancare. Hai scritto una traccia – per la trama, i temi, i personaggi e le atmosfere – che hai dato agli autori? Ce ne vuoi parlare? Anche delle discussioni (letterarie) avute con loro? Se sì: perché non le pubblichi? L’editore non potrebbe fare un picciol libro con la traccia, le discussioni con gli autori, i commenti, le recensioni ricevute?
Prima è nata l’idea. L’Hotel Lagoverde e la sua natura. Poi ho iniziato a chiedere ad alcune autrici e ad alcuni autori se fossero disposti ad assecondarmi. Ho creato un gruppo su Facebook per coordinare il lavoro, ma soprattutto per dargli alcune direttive. Ho scritto un testo di un paio di pagine in cui davo a tutti dei punti fermi: l’aspetto esteriore dell’edificio, la disposizione della reception e delle stanze, ma soprattutto i nomi dei personaggi e le loro caratteristiche fisiche e talvolta morali. Avevo bisogno che alcuni elementi fossero identici in ogni racconto, mentre altri li ho lasciati decidere dagli autori. Devo dire che nella mia mente mi ero fatto l’idea di non aver dato poi troppe indicazioni, ma di recente Paolo Zardi mi ha fatto notare che il mio “canovaccio” era stato molto restrittivo e che in qualche modo questo lo aveva aiutato a dedicarsi completamente alla storia. Detto questo, gli scambi con gli autori non sono stati moltissimi. Si è trattato di qualche messaggio, qualche mail per chiarire un dubbio, ma nulla di complicato da gestire. Per quel che riguarda una possibile pubblicazione della traccia direi che bisognerebbe chiedere direttamente a Giorgia Antonelli, la mente e il cuore di LiberAria. Ha creduto fin da subito al progetto e penso che Hotel Lagoverde abbia trovato una sistemazione davvero confortevole.
Mi piace pensare che l’Hotel Logoverde esista per sgravare le persone di un peso che è divenuto insopportabile, che operi da cesoia troncando il rapporto tra reale e fantastico, tra vita quotidiana e dimensione del sogno.
Infine, vorrei affrontare con te il rapporto tra finzione e realtà in questo corpus di racconti. Spinti da una causalità irreale e da una posizione del narratore ambigua i racconti solo apparentemente trasportano da una difficile realtà a una finzione (l’Hotel Lagoverde, il suo staff, le sue stanze), ma spingono personaggi e lettori dentro un altro mondo. Portata al limite delle sue resistenze la realtà di persone stanche della propria vita non si autodistrugge in una finzione ma in una nuova realtà che si sovrappone alla prima. Così può accadere che, cercando di recuperare un ricordo, il passato esca dal nulla dov’era caduto; che il male invocato per fare il bene conduca in una realtà-incubo dalla quale è impossibile uscire una volta commesso l’errore di esserci entrati; che qualcuno possa conoscere finalmente ciò che cercava in vita e che un altro, da sempre indeciso a quale mondo appartenere, infine si sdoppi. Hotel Lagoverde è, insomma, un gioco tra illusione e realtà: opera di finzione essa pare dirci che nessun sogno ci salva dal ricrearsi continuo della realtà. Oppure?
Non tutti sono ‘degni’ di soggiornare all’Hotel Lagoverde. Partirei da qui. Il legame che l’albergo instaura con i personaggi è sempre diverso. In questo senso la ‘funzione’ dell’hotel può cambiare di volta in volta. Mi piace pensare che l’Hotel Logoverde esista per sgravare le persone di un peso che è divenuto insopportabile, che operi da cesoia troncando il rapporto tra reale e fantastico, tra vita quotidiana e dimensione del sogno. La dimensione onirica è ovviamente ciò che contraddistingue l’hotel ma a me sono sempre piaciute quelle storie in cui realtà e mondo fantastico sembrano convivere nello stesso spazio e quindi questa era l’idea che volevo trasmettere con Hotel Lagoverde. Più in generale, per dare una risposta che forse può soddisfare tutti i racconti presenti direi che Hotel Lagoverde permette ai personaggi di andare avanti o, meglio ancora, di percorrere la strada più giusta per loro. Non è necessario che il cambiamento che avviene sia positivo, ma che ci sia un cambiamento. Devo ringraziare tutti gli autori e le autrici perché con la loro preziosa collaborazione mi hanno permesso di dare vita a un’idea che senza di loro sarebbe rimasta solo nella mia testa.
