QdiQuarantena Rubrica semiseria sugli effetti di un isolamento prolungato
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Con la testa ancora appesantita per l’allegra serata con “amici”, sono sceso a fare una breve passeggiata fino alla X e ritorno. Ho incontrato soltanto un tizio con un cane che camminava in senso contrario al mio. Alla X mi sono fermato per un po’ a riflettere sulle distanze, 200 metri o 127,5? Ma come la volta precedente ho evitato eventuali conflitti. Ho girato sui tacchi badando di non superare il segno. Al ritorno ho incontrato lo stesso cane a spasso con una persona diversa.
Ma il fatto importante della giornata, che mi ha turbato e ancora mi tormenta, è che un bicchiere si è suicidato. Lo tenevo saldamente in mano, ma quello si è contorto, ha spinto, ha fatto forza e mi è sgusciato tra le dita infrangendosi a terra. Ho guardato nel mobiletto dei bicchieri per vedere se c’era un biglietto di addio, di spiegazioni. Niente.
Purtroppo è una cosa che posso raccontare soltanto al Diario – col quale peraltro non ho un buon rapporto – perché fin da ragazzo “godo” di una pessima fama per le mie abilità manuali. Fama ovviamente immeritata, perché so fare accurati lavoretti di riparazione; anche se spesso mi cadono le viti e devo cercarle dovunque (le viti hanno sempre avuto questa mania di nascondersi molto lontano da dove sono cadute, maledette!) è il risultato che conta. O no?

Prima di pranzo sono stato un po’ sul balcone, e ho visto il cane (lo chiamerò Fido, ormai nessun cane si chiama così) passare con un’altra persona.
Ho fatto un sonnellino pomeridiano e ho sognato che davo la caccia a un topo. Non ho detto niente al gatto Momo: c’è un po’ di tensione tra noi, e non perché lui sia junghiano, cosa di cui non mi importa niente.
Nel pomeriggio ho capito che non non posso stare senza coltelli, e ho deciso di fare la pace con loro e, se possibile, di capire i motivi della loro aggressività.
Ho preso il più grosso, quello più oltraggioso, senza guardarlo né ascoltare quello che diceva (avevo messo una musica ad alto volume).
L’ho lavato, asciugato, affilato con una macchinetta comprata alla Fiera, l’ho passato sull’acciaino e infine l’ho strofinato con uno straccio pulito. Non aveva parole.
Ho fatto la stessa operazione con tutti, fino allo spelucchino. Mostravano un po’ di vergogna per come si erano comportati. Nessuna ha detto una parola, li ho rimessi nel cassetto. Le forchette non hanno avuto niente da dire, neanche loro. Bene, posso tagliarmi i panini da solo.
Ho visto Fido passare altre tre volte (e chissà quante è passato senza che lo vedessi) sempre con persone diverse. Aveva l’aria fiera di chi sa di essere utile. Quando si fanno gli applausi a medici infermieri e a tutti quelli che lavorano per noi, sono convinto che Fido si senta coinvolto pienamente.
Verso sera ho partecipato a un flash mob. Si trattava di andare sul balcone e alle 18 in punto cantare una canzone. Non c’era nessun altro su tutti i balconi e le finestre che riuscivo a vedere.
Faccio da solo, ho pensato, e a squarciagola ho cantato “Uno su mille ce la fa” di Gianni Morandi.
Non ho sentito applausi. NZ
Disegni di Nino Trainito
- 23° giorno, il frigo ha cominciato a parlarmi…
- 24° giorno, la formula della distanza
- 25° giorno, Momo gatto junghiano
- 26° giorno, sull’aggressività dei coltelli
- 28° giorno, viviamo in tempi sospetti
- 29° giorno, a raddrizzare quadri storti
- 30° giorno, sicofante acribia anodino sesquipedale!
- 31° giorno, si tratta di un complotto del gatto Momo
- 32° giorno, i liquori hanno litigato fra di loro
- (33°) e 34° giorno, ogni cosa torna al suo posto