La libreria Centofiori ha quattro vetrine in Piazzale Dateo, al centro di un quartiere milanese di antica residenza. Nasce nel 1975 come riferimento per gli studenti di Psicologia di Padova perché a Milano non c’era ancora quel corso di laurea. Col tempo ha perso questa specificità ed è diventata una libreria generalista; è gestita da Vittorio Graziani e dai suoi soci che l’hanno ristrutturata e ammodernata due anni fa, mantenendo il nome storico Centofiori. Vittorio Graziani ha lavorato in Feltrinelli e in Fnac e ora sta sviluppando un’idea di librerie indipendenti; alcune di queste si trovano in luoghi meravigliosi come Ventotene, Procida, Camogli, il Cilento…
Libreria Centofiori
Piazzale Dateo 5, Milano
www.facebook.com/libreriacentofiori
Prima la Feltrinelli Duomo e ora una libreria indipendente. Che cosa differenzia le sue due esperienze professionali?
Sono due esperienze molto diverse: prima di tutto la libreria indipendente genera costantemente una relazione con il lettore mentre la libreria di catena ha anche un rapporto indiretto tra lettore e libraio attraverso i social. Il libraio indipendente ha una idea della libreria che vuole proporre, mentre la libreria di catena uniforma; le librerie indipendenti sono una diversa dall’altra. Questo, ovviamente, rende più difficile il lavoro del libraio.
Alla Centofiori una stanza e una delle quattro vetrine sono interamente dedicate ai bambini…
La Centofiori è una libreria di quartiere e come tale si rivolge alle famiglie. Il settore dei bambini è uno dei pochi che è sempre stato in crescita. Ha necessità di una esperienza viva, e l’acquisto online non è adatto. Ai librai piace che i bambini stiano in libreria e per questo abbiamo creato uno spazio dedicato in modo che possano stare qui anche tutto il giorno: sabato scorso per esempio abbiamo organizzato una giornata che aveva come tema la musica e il disegno e abbiamo avuto 15 bambini con noi per tutto il pomeriggio. Una esigenza della libreria indipendente è creare comunità.
In uno scrittore cerco di ritrovare quella giusta strafottenza e totale autonomia rispetto alle mie aspettative da lettore .
In questo periodo quali libri state consigliando?
La traversata di Philippe Lançon, per esempio. Il libro racconta in prima persona l’esperienza drammatica di un inviato di “Charlie Hebdo” che rimase gravemente ferito nell’attentato: una traversata di rinascita fisica e psicologica di un uomo che ha visto i suoi colleghi morire. Lui si è salvato per miracolo, una pallottola gli ha attraversato la faccia. La sua lunga convalescenza è stato un momento spirituale, un’esperienza simile ad una rinascita.
Abbiamo l’impressione che ci sia un desiderio diffuso di avvicinarsi a storie vere. È così?
Sì, è un argomento centrale in questo momento. La docufiction letteraria da alcuni anni domina gli scaffali e le proposte delle case editrici. Il lettore sempre di più legge per imparare qualcosa, la letteratura è diventata più saggistica e la saggistica si avvicina alla letteratura. Anch’io da lettore ho subito questa fascinazione: ma è una lama a doppio taglio, perché questa necessità ti fa perdere per strada romanzi che andrebbero letti a prescindere, perché anche il romanzo in sé è una testimonianza della vita, racconta la realtà. Nella grande letteratura dell’’800 non c’è interesse da parte dello scrittore di inseguire le aspettative del lettore. Lo scrittore non si sottometteva ad un potenziale gusto del pubblico. Qualcuno sostiene che l’ultimo romanzo di questo tipo sia stato Petrolio di Pasolini, e che in seguito quasi tutti i romanzi abbiano raccontato storie che bene o male tenevano conto del gusto del pubblico. Una sorta di dipendenza: è giusto perché lo scrittore deve avere una relazione col pubblico, ma solo in parte, perché il pubblico dovrebbe trovare le forze e gli strumenti per avvicinarsi al testo. Da lettore cerco di ritrovare in uno scrittore quella giusta strafottenza e totale autonomia rispetto alle mie aspettative.

La classifica di vendite nella sua libreria corrisponde a quella che settimanalmente leggiamo sulle riviste letterarie?
Solo per metà le vendite riflettono le classifiche dei giornali, il resto dipende da noi. Per farle un esempio, Acqua di mare di Charles Simmons, il nostro libro più venduto nel 2019, era uscito nel 2003 per BUR. Quando finì fuori catalogo consigliai alla casa editrice SUR di tradurlo nuovamente. È un’opera di vera letteratura, che riprende un romanzo di Ivan Turgenev, Primo amore, ambientandolo però negli Stati Uniti negli anni ’60. Sono contento che sia stato ripubblicato grazie a noi.
Il rapporto con gli editori è un rapporto di autonomia, di affermazione della vostra indipendenza?
È un rapporto di rispetto ma non è mai un rapporto passivo. La libreria indipendente, secondo me, deve costruirsi in autonomia il proprio catalogo. Alla Centofiori anche l’esposizione favorisce l’autore e non l’editore.