Un pittore scende agli inferi per aiutare una ragazzina in pericolo, la salva e vede finalmente il proprio vero ritratto
L’universo infinito di Haruki Murakami, il maggior romanziere giapponese contemporaneo e probabilmente uno dei maggiori del mondo, in L’Assassinio del Commendatore si mostra al lettore avvolgendolo fin dall’inizio in spire incantate e ipnotiche. Cedo sempre davanti ai superpoteri della immaginazione e della lingua di Murakami, mi arrendo subito. E anche questa volta, come per i suoi romanzi precedenti, dopo poche pagine mi sono detto che sarei andato avanti, felice, fino alla fine.
Oggi, svegliandomi da un breve sonno pomeridiano davanti a me ho trovato l'uomo senza volto. Era seduto sulla poltrona di fronte al divano dov'ero sdraiato e con gli occhi irreali del volto che non aveva, mi fissava.
La storia
Il protagonista (che narra in prima persona, di cui non si conosce il nome e che da ora in poi chiamerò il pittore) è un ritrattista su commissione. In Giappone amministratori delegati e direttori di compagnie grandi e piccole amano farsi ritrarre da un disegnatore specializzato e nel loro ufficio appendono un quadro, non una fotografia. Il pittore è bravo, ma non è entusiasta dei ritratti che esegue. Non c’è ispirazione nel suo lavoro; c’è solo un minimo di tecnica applicata in modo da soddisfare il cliente di turno.
Un giorno la moglie Yuzu lo lascia improvvisamente, senza alcun motivo. Il pittore, con sincerità disarmante, ci dice che non si era mai accorto del progressivo disamoramento della moglie. È un trauma: e lascia tutto, casa, lavoro, città. Dopo mesi di vagabondaggio un vecchio amico, Masahiko Amada, gli offre di abitare nella casa del padre, Tomohiko, da tempo disabitata. Il padre infatti è stato ricoverato in una clinica per malati di Alzheimer.
Amada Tomohiko è un grande pittore giapponese. Fino alla guerra il suo stile si era ispirato all’arte occidentale, dopo il 1947, con una svolta creativa che non ha mai spiegato, ha invece dipinto in stile Nihonga, un vecchio stile tradizionale giapponese.
Il pittore nella nuova, provvisoria casa cerca di uscire dalla sua crisi. O meglio, si lascia trascinare dalle cose che gli succedono, da eventi che sulle prime sembrano senza alcuna importanza e che invece si trasformano in rivelazioni, aiuti, prove. A cominciare dal ritrovamento, nella soffitta della casa, di un vecchio e misterioso quadro di Amada Tomohiko, in cui personaggi ispirati al Don Giovanni di Mozart e Lorenzo da Ponte sono raffigurati nel momento dell’assassinio del commendatore. E da quel ritrovamento mondi diversi e distanti tra loro cominceranno a mettersi in comunicazione, al suono di una misteriosa campanella.
Nihonga_Letteralmente: pittura giapponese. Il termine fu coniato da alcuni artisti e critici del periodo Meiji (1068-1912) per indicare una certa produzione artistica contemporanea il cui stile attingeva alla millenaria tradizione nipponica, in contrapposizione alla pittura Yōga, che mostrava invece forti influssi occidentali.
Appena tornato a casa andai nell'atelier, mi sedetti sul vecchio sgabello di legno (probabilmente lo stesso su cui sedeva Amada Tomohiko quando lavorava), e osservai a lungo L'assassinio del Commendatore. Mi capitava spesso, quando non capivo quale fosse la cosa giusta da fare, di piazzarmi davanti a quel quadro appeso al muro e restare a guardarlo per un tempo indefinito. Non me ne stancavo mai. Quell'opera della corrente nihonga avrebbe dovuto appartenere a un museo, costituire uno dei pezzi più preziosi della collezione. Invece si trovava sulla parete di quel piccolo atelier, per il mio solo piacere.
Il pittore nella nuova, provvisoria casa cerca di uscire dalla sua crisi. O meglio, si lascia trascinare dalle cose che gli succedono, da eventi che sulle prime sembrano senza alcuna importanza e che invece si trasformano in rivelazioni, aiuti, prove. A cominciare dal ritrovamento, nella soffitta della casa, di un vecchio e misterioso quadro di Amada Tomohiko, in cui personaggi ispirati al Don Giovanni di Mozart e Lorenzo da Ponte sono raffigurati nel momento dell’assassinio del commendatore. E da quel ritrovamento mondi diversi e distanti tra loro cominceranno a mettersi in comunicazione, al suono di una misteriosa campanella.
Dentro il testo
Murakami infrange la logica e le leggi della realtà fisica e lancia la sua immaginazione in mondi fantastici. Ma forse non sono mondi fantastici: i suoi personaggi passano da un mondo reale all’altro perché il mondo che a prima vista potremmo ritenere fantastico è descritto con i dettagli del reale, e lo percepiamo come tale. Addirittura più reale del mondo reale. Inoltre, Murakami ha il dono della chiarezza. Niente è oscuro in lui. Non si abbandona a ellissi, simbolismi poco chiari; non ci sono frasi complesse o di difficile comprensione. Se ci parla di una discesa agli inferi non usa giri di parole: si apre una botola, si scende e si attraversa un fiume. Non in un sogno o in una fantasia, ma nella realtà.
Spesso i personaggi trovano un passaggio per andare e venire da un mondo all’altro. Un pozzo, un tunnel, un bosco, una botola. È in fondo un’esperienza che facciamo quasi tutti i giorni passando dal mondo della veglia a quello del sonno. Chiudendo gli occhi e assopendoci incontriamo i nostri sogni, che a volte ci sembrano veri e svegliandoci fatichiamo a credere di non averli vissuti. Addirittura, durante il giorno certi sogni continuano ad agitare i nostri pensieri e non riusciamo a liberarcene.
In L’Assassinio del Commendatore la botola (proprio una botola, non il sogno di una botola) si apre nella stanza di ospedale in cui è ricoverato il vecchio pittore Amada Tomohiko. Ad aprirla è un personaggio del quadro dipinto da Amada in gioventù, per favorire il viaggio agli inferi del nostro protagonista, un lungo e appassionante finale che chiarisce tutti gli enigmi del romanzo.
È un libro per...
…chi non si fa spaventare da 800 pagine (ma a chi si fa spaventare da 800 pagine consiglio di ridare tempo alla lettura eliminando con accuratezza i tempi persi della vita, come quelli sui device). Io non ho sentito la pesantezza delle pagine perché non ho solo letto ma ho accompagnato il protagonista nel suo viaggio. E dopo aver chiuso il libro il quadro dell’assassinio del commendatore ha continuato per giorni – come mi fossi svegliato da un sogno molto forte e persistente – ad abitare i miei pensieri e ad aiutarmi a capire qualcosa di più di me e del mondo in cui vivo.
Lo consiglio a chi ama le storie d’amore, caduta e rinascita. E lo consiglio infine a chi vuole attraversare le molte realtà dove si compie il nostro destino.
Da non perdere.
L’ASSASSINIO DEL COMMENDATORE di Haruki Murakami, Einaudi 2018-19, pp. 800