La recensione di un saggio di critica letteraria è forse anomala, ma può essere utile a scrittrici e scrittori che frequentano il nostro sito. Soprattutto se il saggio in questione è anticonvenzionale, ci parla molto di letteratura italiana contemporanea e ci aiuta a capire dove sia, oggi, la qualità romanzesca.
di Giuliano Gallini
Andrea Caterini, scrittore e critico letterario, nel suo Ritratti e paesaggi. Il romanzo moderno tratteggia volto e poetica di scrittori europei del Novecento come Virginia Woolf, Marcel Proust, Joseph Roth, Witold Gombrowicz, Cristopher Isherwood, e italiani come Enzo Siciliano, Paolo del Colle, Francesco Permunian, per dirne solo alcuni. E formula interessanti analisi critiche su diversi argomenti, fra cui i libri monumentali, la breve vita dei romanzi in libreria, il debole per i grandi delitti, e molto altro.
Ma uno dei passaggi più interessanti del saggio è sulla noia per le storie. Andrea Caterini ama il romanzo ma è stanco di narrazioni fini a se stesse.

“È vero, le storie mi hanno stancato. Ne capisco subito l’intenzione, la costruzione artificiosa. Tutto questo mi annoia. Mi annoiano le storie che non hanno più nulla da esprimere, che non veicolano più un pensiero sul mondo […] di storie ce ne sono a centinaia, e sono tutte uguali, con la stessa lingua finta, che quasi sempre è di derivazione americana. Anzi mi correggo. Questi romanzetti non imitano gli americani, ma una traduzione degli americani. Ha fatto più danno Baricco alla letteratura contemporanea di quanti ne abbia fatti Fabio Volo, è bene dirlo una volta per tutte. La scuola Holden è il modello del disastro […] romanzi identici uno all’altro. Ne hai letto uno e li hai letti tutti”.
Coraggioso. Forse, preso dalla foga polemica contro certo romanzetto (giusta) dice una cosa (sbagliata): che di storie non abbiamo più bisogno. In realtà di storie lette dette ascoltate viste è fatto il tessuto della nostra esistenza, non ne possiamo fare a meno; e c’è un costante aumento della fruizione di storie, basti pensare alle serie televisive. Non ci siamo mai nutriti tanto di narrazioni romanzesche come in questo nuovo millennio. Ma, certo, ha ragione Caterini quando dice che dal Romanzo con la R maiuscola ci aspetteremmo una Storia con la S maiuscola, cioè una storia capace di veicolare anche un pensiero non banale sul mondo, una Storia Letteraria capace di attrarci anche con la forza dello stile. Invece: ci tocca leggere (e leggere recensioni entusiaste) di veri e propri “lavoretti con il pongo”.
L’età del pongo è uno dei capitoli del saggio di Caterini. Vi si analizzano i sei filoni della narrativa italiana contemporanea: romanzo distopico-apocalittico-gotico, romanzo storico, romanzo socialmente utile, romanzo tradizionale, romanzo-diario, romanzo-saggio. Sei filoni di cui vengono messe in evidenza miserie e nobiltà attraverso esempi sia negativi che postivi: le ‘miserie’ dei romanzi che non fanno che raccontare in modo edificante storie edificanti (illudendo il lettore “di essere nel giusto, di essere buono, civile, solo perché ipocritamente partecipe di un dramma), e le ‘nobiltà’ di romanzi notevoli dal punto di vista stilistico, come, ad esempio, La prima regola di Clay e Dove batte l’onda di Giuseppe Munforte, o di romanzi capaci di “interrogare la realtà, di metterla sotto assedio, di farla a pezzi”, come nel caso del romanzo-diario Una sostanza sottile di Franco Cordelli.
Tanti, tantissimi anni fa una cara amica aveva coniato l’espressione “lavoretti con il pongo”, per riferirsi a romanzi senza spessore. Così mi sono innamorato, anche per ricordo personale, di questo capitolo del libro di Caterini. Che inizia così:
“Sarà che siamo in un’epoca tanto priva di idee che se dovessi dargli un nome la chiamerei l’Età del Pongo – dove quello che si modella non è una materia prima (il marmo, il bronzo, il ferro, la lingua) ma qualcosa di derivato, ottenuto in laboratorio; qualcosa che, lavorato con cura, assume l’aspetto di – eppure non è. Quello che ci sembra marmo, bronzo, ferro, quella che ci sembra una lingua e anche uno stile, non sono che oggetti plastificati”.
Tra molti ritratti di autori che Caterini ci propone, cito quello dedicato a Jerome K. Jerome, i cui romanzi più conosciuti sono Tre uomini in barca (per non parlar del cane) e Tre uomini a zonzo. Caterini però ci parla del racconto Lo scherzo del filosofo, dove l’umorismo di Jerome è solo una maschera, “o meglio: la maschera di un problema”. Il problema è uno di quelli che ci poniamo spesso: se “leggendo retrospettivamente la nostra vita comprendiamo le cause dei nostri errori, i quali, con la percezione che ne abbiamo ora, non avremmo di certo commesso”. Leggere Jerome (e leggere Caterini che ci parla di questo Jerome) è una esperienza intellettuale importante, un punto di vista originale sulla percezione del passato e del proprio presente. Un po’ come tutto Ritratti e paesaggi.
Un libro per…
…chi ama la letteratura di qualità e un punto di vista non convenzionale sul romanzo moderno. Da non perdere.
Andrea Caterini, Ritratti e paesaggi. Il romanzo moderno, Castelvecchi, 2019, pp. 273, € 22
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