QdiQuarantena Rubrica semiseria sugli effetti di un isolamento prolungato
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Ieri mi sono reso conto che gli oggetti che mi circondano mi dimostrano, per lo più, un atteggiamento ostile o malevolo o di malcelato disprezzo. Non mi pare di meritare nessuno di questi sentimenti. Ben diverso è l’apribottiglie, che ogni volta che lo uso apre le braccia come se volesse abbracciarmi. “Non si può, gli dico, niente abbracci”. “Già”, dice. E lascia cadere le braccia avvilito, come tutti in questo periodo.

Oggi sono uscito per una breve passeggiata. La porta non si è opposta, forse una impercettibile resistenza della maniglia. Pochi minuti prima di uscire ho stampato l’ultimo modello di autocertificazione per evitare contradditori come “Questo modello è di ieri, è scaduto”, “Ma ieri non sono uscito, sono otto giorni che non esco!”, “Fatti suoi, ieri sarebbe potuto uscire con questo modello, oggi no, è scaduto, le ripeto”.
Mi sono messo la mascherina, che in una passeggiata in un quartiere deserto serve soltanto per non essere insultato o aggredito dai cacciatori di untori, in crisi da quando non si parla più di sbarchi e clandestini.
Anche se le due cose possono benissimo stare insieme: “Varda sti negri, tutti co la mascherina, e mi so deventà matta par trovarghene una”! Mi sono messo le scarpe, che non indossavo da molti giorni e avevano un atteggiamento astioso, soprattutto i lacci, che trovai assai poco collaborativi. Ho messo in tasca una bomboletta di spray, e via! Sono arrivato tranquillamente fino al marciapiede, ho girato a sinistra e ho iniziato a contare i passi, passi di una passeggiata tranquilla, non quelli degli arbitri che misurano la distanza della barriera.
Passi da metri 0,752: li ho calcolati in terrazza prima di partire, così come ho verificato quanti passi posso fare per arrivare al limite di 200 metri: esattamente 266. Quando sono arrivato all’angolo con via Schumann ho segnato i passi su un foglietto (97) e ho fatto un segno per terra con lo spray. “Pfuììì”, ha detto la bomboletta. Con disprezzo?
Ho proseguito a sinistra quasi ad angolo retto, fino a completare i 266 passi. A questo punto ero a 200 metri da casa, ma avevo percorso due lati di un triangolo e quindi l’ipotenusa era di metri 127,5. Ho fatto una X per terra con la bomboletta, che ha detto “Pfuììì”, decisamente con disprezzo.
Quindi mi sono trovato ad affrontare un dilemma: calcolare il percorso stradale o la distanza in linea d’aria dalla casa? In linea d’aria mi trovavo a 127,5 metri dal punto di partenza, e sicuramente meno perché l’angolo di via Schumann era piuttosto acuto. Non riuscivo ad immaginarmi a spiegare ad un accigliato agente di Polizia Urbana che la radice quadrata della somma dei due lati… Ho deciso quasi subito di tornare indietro.
Devo cercare di capire perché i coltelli sono indignati con me. NZ
Disegni di Nino Trainito
- 23° giorno, il frigo ha cominciato a parlarmi…
- 24° giorno, la formula della distanza
- 25° giorno, Momo gatto junghiano
- 26° giorno, sull’aggressività dei coltelli
- 28° giorno, viviamo in tempi sospetti
- 29° giorno, a raddrizzare quadri storti
- 30° giorno, sicofante acribia anodino sesquipedale!
- 31° giorno, si tratta di un complotto del gatto Momo
- 32° giorno, i liquori hanno litigato fra di loro
- (33°) e 34° giorno, ogni cosa torna al suo posto